Page 18 - Toscana Medica
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18 QUALITÀ E PROFESSIONE
ANTONIO PANTI
Esercizio abusivo... da parte del medico!!
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5080 del 13.3.2015, “ha ritenuto che il possesso da parte del lavoratore della laurea in medicina non fosse sufficiente per l’esercizio di attività riabi- litativa per la quale occorre apposito diploma universitario, sebbene (sic!) il lavoratore in que- stione fosse abilitato a svolgere funzioni ausi- liarie”. In conclusione, ribadisce la Cassazione, “la laurea in medicina consente l’espletamento di attività ausiliarie ma non anche di attività, quale la terapia riabilitativa, che non hanno tale carattere e il cui svolgimento postula uno spe- cifico diploma”. Il Consiglio di Stato altresì ha consentito ai laureati in psicologia di concorrere al posto di dirigente di unità complessa di salu- te mentale, affermando che i compiti direzionali gestionali non abbiano implicazioni cliniche tali da presupporre la laurea in medicina. Ma cosa si intende per gestione di attività sanitarie? Allo- ra, per la mera gestione di un qualsiasi processo produttivo, meglio un infermiere esperto oppu- re, perché no?, il cosiddetto ingegnere clinico.
Qualche anno fa in Toscana fu inventato il “see and treat”, strumento utile per smaltire l’affollamento dei Pronti Soccorso, nel quale tuttavia il medico concordava con gli infermieri quali prestazioni questi potessero svolgere in au- tonomia e le insegnava. L’infermiere poi avrebbe risposto in prima persona dei suoi atti. Allora chi ebbe questa pensata, tra cui l’autore di que- sto articolo, fu penalmente denunciato da altri presidenti di Ordine con l’accusa di lesa mae- stà professionale e costretto a giustificarsi dai carabinieri che però furono più intelligenti dei colleghi. Adesso tutti piangono sul comma 566 e sul Patto della salute che lascia agli infermieri autonomia didattica e di scelta dell’ambito delle prestazioni da svolgere senza chiarire i confini della responsabilità. Adesso tutti invocano un sistema quale quello a suo tempo inventato in Toscana perché si rendono conto che la profes- sione sopravvive se è autoreferenziale sul piano formativo e la medicina sta cessando di esserlo.
Ma mentre i medici litigano come i celebri capponi di Renzo, la magistratura sentenzia e così supplisce alle carenze della politica. E allora i medici (in particolare i giovani) si trovano stret-
ti tra due fronti. La perniciosa mania dei medici di voler definire l’atto medico in un mondo di professioni emergenti, tutte fondate come quel- la medica sulla protezione del titolo, espone i laureati in medicina, una volta definiti gli ambiti delle altre professioni sanitarie, al rischio di eser- citare abusivamente ove svolgessero, come può succedere, una prestazione tipica di altri iscritti ad altro albo. I medici hanno sempre pensato che, in caso di mancanza di lavoro (cosa sempre più verosimile), potessero svolgere altre man- sioni professionali all’interno della sanità. La Cassazione ci risveglia da un sonno beatamente autoreferenziale.
Nello stesso tempo i medici hanno sempre pensato che le funzioni dirigenziali all’interno delle strutture sanitarie non potessero essere svolte altro che da laureati in medicina. Ovvio e logico. Ma i magistrati e le amministrazioni non sono affatto d’accordo. Insomma il lavoro medico è stretto da ogni parte; inoltre, grazie ai vistosi errori di programmazione, è minaccia- to da una strisciante sottoccupazione. Non vi è dubbio che spetta al medico la leadership del processo di cura, compresa la parte assistenzia- le. Il medico effettua la diagnosi differenziale e prescrive la terapia; mancano però norme pre- cise che esplicitino i limiti di questa controver- sa affermazione (si pensi al parto naturale o al triage). Non dovremmo parlare di atto medico ma di atto del medico che non può aver alcun limite se non quelli imposti dalla scienza e dalla deontologia. Il mondo ormai si orienta a valu- tare le competenze e dà rilievo al titolo solo per l’esercizio di particolari compiti. La scienza e la tecnica si evolvono con troppa rapidità per la- sciare diritti perfetti a chi si è laureato magari qualche decennio or sono e nel frattempo ha fatto un altro mestiere.
Il periodo che attraversiamo non è partico- larmente felice per i medici, dopo i trionfi sociali e professionali del secolo scorso. E neppure è facile proporre soluzioni. Ecco perché è essen- ziale che qualcuno prosegua questo dibattito, sperando che i giovani partecipino con idee in- novative. TM
Antonio Panti, dal 1971 ha ricoperto diversi incarichi nella FIMMG,
di cui è stato anche Segretario e Presidente Nazionale. Presidente dell’Ordine di Firenze
dal 1988. Ha ricoperto cariche nazionali nella Federazione Naz.le degli Ordini, in particolare nella Commissione per le ultime stesure del Codice Deontologico. Membro di numerose Commissioni Ministeriali. Dal 1998
è Vicepresidente del Consiglio Sanitario Regionale.
Toscana Medica 6|2015


































































































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