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26 QUALITÀ E PROFESSIONE
ALDO PAGNI
Medicina, ciarlatani e dintorni
Nell’immaginario collettivo, ciarlataneria e medicina sono territori contigui, specialmente quando la biotecnologia medica appare incapa- ce di mantenere la vantata promessa di garanti- re la salute-benessere e, magari, di sconfiggere anche la morte, e la ciarlataneria finisce col ri- spondere a un bisogno umano insopprimibile di trovare comunque un rimedio, almeno consola- torio, all’inguaribilità.
Scriveva il medico-poeta, citato da G. Cosmacini: “In definitiva l’uomo è spesso de- luso dalla medicina che è molto terra terra, e dalla fede che è molto cielo cielo. Egli seleziona nel proprio ambito l’archetipo delle proprie illu- sioni circa il ciarlatano”.
In un passato recente, non mancavano nel- le nostre campagne maghi, santoni e guaritori, cui le credenze popolari attribuivano la capacità di predire il futuro “leggendo” i fondi caffè, di guarire l’herpes zoster e le verruche con l’impo- sizione delle mani, di allontanare il malocchio, o di “legare” un orzaiolo, accompagnando i loro interventi con il ricorso alla medicina popolare e a ingenui, ma suggestivi, rituali.
Quella magia domestica, propria di una so- cietà agricola, in gran parte è tramontata nel- la società postindustriale, sostituita da maghi “professionisti”, consolatori delle avversità quo- tidiane, magari con il ricorso mascherato ai far- maci del SSN. Come era accaduto con la maga di San Baronto, o con l’imbonitura televisiva del mago brasiliano e di Vanna Marchi.
Parallelamente, però, non sono mai manca- ti inventori di rimedi miracolosi, spesso privi di titoli scientifici, che promettevano la guarigio- ne del cancro, e più recentemente è esploso il “caso” Stamina che vantava di curare malattie rare, “orfane” di rimedi efficaci, ed è finito con la richiesta di patteggiamento in Tribunale dei loro inventori.
Molte decine di proposte di diagnosi e trat- tamento del cancro con metodi non scientifi- camente provati, si sono succedute dal lontano 1893 ad oggi ma, solo nell’era della diffusio- ne della Tv, di Internet e dei social network, la società si è sentita legittimata a diffidare degli scienziati (l’era post-accademica della scienza, di J. Ziman) e ad esprimere indipendenza di giu- dizio nei confronti di cure come quella proposta da Di Bella.
Infatti i sondaggi dell’epoca parvero rilevare che una percentuale variabile tra l’85 e il 95 % degli Italiani, se si fosse ammalato di tumore, avrebbe voluto curarsi con il metodo di Bella, e che anche nella medicina ufficiale il numero dei diffidenti non superasse i due terzi.
In realtà, insieme all’enfasi su un malinte- so diritto alla salute, e alla “crisi di fiducia” dei cittadini nei confronti della medicina, è rimasta immutata negli uomini l’aspirazione alla spe- ranza irrazionale di una sopravvivenza infinita di fronte al timore della morte.
Poco o nulla è cambiato, nell’inconscio col- lettivo, da quando il Faraone Merikare, alla fine dell’VIII dinastia, aveva fatto incidere nelle sue Istruzioni la frase. “Un Dio ha donato la magia agli uomini per aiutarli a difendersi”.
Il professore modenese, tuttavia, non era un ciarlatano, ma un anziano docente universitario di fisiologia che, ritenendosi un genio incom- preso vittima delle baronie accademiche, aveva rifiutato il percorso indispensabile per ottene- re elementi che provassero l’efficacia clinico- scientifica del suo metodo di cura, vantato per molte altre patologie incurabili oltre il cancro, e preferito ricorrere a testimonianze verbali, lette- re di solidarietà dei pazienti e affermazioni non documentate di una vasta serie di pazienti “mi- racolati”.
La ricostruzione della vicenda Di Bella è l’oc- casione per una riflessione dei medici, dei citta- dini, dei governanti locali e nazionali e dei ma- gistrati, sul rapporto tra salute ed efficacia dei farmaci, e tra medicina, leggi e società nell’era dei diritti e delle connessioni planetarie.
Si dovrebbe convenire che le persone hanno diritto all’assistenza sanitaria, ma che il diritto alla salute, come completo benessere fisico, psi- chico e sociale, promesso dall’OMS in epoca di trionfalistica utopia, non esiste, se non nei ter- mini che lo Stato ha il dovere di proteggere i cittadini dai rischi che lo minacciano, compreso l’impiego di farmaci nocivi o di non provata ef- ficacia.
Il clamore e l’orrore suscitato, alcuni decen- ni orsono in Germania e nel mondo, dalle gravi malformazioni provocate in centinaia di neonati dall’impiego in gravidanza di un ansiolitico, rese consapevole il mondo scientifico della necessità di controllare rigorosamente, e con le riserve del
Aldo Pagni, specialista
in medicina interna, è stato Vice Presidente dell’Ordine di Firenze
e dal 1996 al 2000, Presidente nazionale della FNOMCeO.
Toscana Medica 7|2015

