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10 OPINIONI A CONFRONTO
situazione in Toscana delle Anatomie Patolo- giche?
FONTANINI – Inizio parlando della mia realtà, visto che non conosco approfonditamente le al- tre situazioni regionali. A Pisa noi siamo gravati da una mole veramente notevole di lavoro sia per quanto riguarda la tradizionale diagnostica citoistologica che per quella biomolecolare. In particolare quest’ultima ha avuto in periodi re- centi un incremento elevatissimo in termini di richieste che per il momento abbiamo qualche difficoltà ad esaudire al meglio, nonostante gli innegabili passi in avanti compiuti.
In linea generale le risposte che i clinici si attendono dagli anatomopatologi si riferiscono per lo più a due scenari differenti comprendenti pazienti che afferiscono direttamente dalle no- stre strutture aziendali al laboratorio e soggetti che invece si rivolgono a noi provenienti dal ter- ritorio. Nel primo caso i nostri tempi di risposta sono perfettamente in linea con gli standard nazionali, con 2-3 giorni di attesa per le piccole biopsie ed i preparati citologici, 7-10 giorni per i pezzi chirurgici e 10 giorni lavorativi per le ana- lisi molecolari. Per i pazienti provenienti dal ter- ritorio le cose cambiano leggermente nel senso che in questo caso è necessaria, ovviamente per le analisi molecolari, una fase di trasferimento del campione da una struttura periferica e una fase di preparazione del materiale pervenuto, definita preanalitica, con un allungamento dei tempi di refertazione. Questo secondo le indica- zioni fornite dalla Regione Toscana che prevede un laboratorio attrezzato per questo tipo di in- dagini per un bacino di utenza di circa un milio- ne di abitanti. Come dicevo è proprio la fase di passaggio dei campioni dalla periferia al Centro di riferimento che ad oggi maggiormente in- fluenza i ritardi finali delle risposte ed è quella che a mio parere dovrebbe godere della massi- ma attenzione da parte delle Amministrazioni e degli addetti ai lavori.
TOSCANA MEDICA – Prof. Mini ci illustri la situazione a Careggi.
MINI – A Careggi il percorso di diagnosi, sta- diazione e cura del paziente con neoplasia pol- monare è stato definito già da molti anni e si basa sul Gruppo Oncologico Multidisciplinare (GOM), specifico per l’Oncologia toracica. I pa- zienti vengono presi in carico da questa struttu- ra della quale fanno parte pneumologi, bron- cologi, chirurghi toracici, radioterapisti, anato- mopatologi e oncologi medici. Il percorso dia- gnostico terapeutico più appropriato per ogni singolocasovienequindidiscussoeattuatocon un approccio multidisciplinare. Concordo con
la Professoressa Fontanini che siano essenziali tempi di analisi istopatologica e molecolare bre- vi per un inizio tempestivo delle terapie in una neoplasia spesso a rapida evoluzione.
TOSCANA MEDICA – Torniamo al tumore pol- monare non a piccole cellule. Si può dire che oggi la sua prognosi è cambiata in relazione a recenti innovazioni terapeutiche?
CHELLA – Non vi è stata una significativa modificazione della prognosi di questa forma neoplastica in questi ultimi anni, essendo la sopravvivenza a 5 anni passata dal 12 al 14% nell’uomo e dal 16 al 18% nella donna, grazie soprattutto alla precocità della diagnosi ed alla tempestività della terapia chirurgica.
Quello che invece sta cambiando in maniera realmente significativa è il controllo della ma- lattia metastatica con la disponibilità odierna di farmaci ad azione diversa rispetto ai “normali” chemioterapici che hanno permesso periodi di sopravvivenza negli stadi avanzati di malattia anche molto prolungati rispetto al passato.
L’impiego ad esempio di bevacizumab ad azione antiangiogenetica associato alla che- mioterapia ha registrato nei soggetti responder medie di sopravvivenza superiori ai 15 mesi, risultato negli Anni Novanta del secolo scorso considerato praticamente irraggiungibile.
Un ulteriore progresso terapeutico è stato inoltre favorito dalla individuazione di specifici target molecolari che hanno beneficiato dell’a- zione mirata di farmaci “costruiti” sulla muta- zione genetica specifica, come ad esempio gli inibitori delle tirosinchinasi (cosiddetta “target therapy”).
MINI – Il panorama delle terapie oggi dispo- nibili sta effettivamente cambiando da qualche anno a questa parte, prima con l’introduzione del bevacizumab e più recentemente con l’im- piego degli inibitori della tirosinchinasi del re- cettore dell’EGF e di quella di ALK. Nei pazienti responsivi a questi farmaci gli indici di risposta terapeutica raggiungono anche percentuali del 60-70%, certamente non ottenibili con la che- mioterapia tradizionale. Purtroppo il numero di questi pazienti è molto limitato con percentuali nella popolazione caucasica di soggetti mutati per l’EGFR del 10-15% circa e del 2-7% per la mutazione ALK.
È verosimile comunque aspettarsi che in fu- turo la ricerca permetterà di identificare altre proteine oncogeniche coinvolte nello sviluppo del carcinoma polmonare suscettibili di trat- tamento farmacologico, ampliando ulterior- mente il nostro armamentario terapeutico e consentendo sperabilmente miglioramenti si-
Toscana Medica 5|2015


































































































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