Page 16 - Toscana Medica
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16 QUALITÀ E PROFESSIONE
Tabella 1 - Prevalenza del mal di schiena per presenza di malattia cronica.
Patologia cronica
Malati
Non malati
OR
p-value
N
di cui con MDS
N
di cui con MDS
N
%
N
%
Ipertensione
289
93
32,2
1.712
372
21,7
1,35
0,041
Diabete
80
34
42,5
1.921
431
22,4
1,69
0,034
Tumore
50
19
38,0
1.951
446
22,3
1,44
0,232
Bronchite cronica
38
16
42,1
1.963
449
22,9
1,74
0,115
Infarto, ischemia cardiaca
23
8
34,8
1.978
457
23,1
1,12
0,789
Sono stati valutati i fattori simultaneamente per verificare quali fossero maggiormente asso- ciati con il mal di schiena e quali invece fossero confusi dalla compresenza di altri. I fattori de- terminanti che emergono sono tre: sforzo fisico intenso sul lavoro (+130% di rischio rispetto a lavoro sedentario), obesità (+90% rispetto a sottopeso) e assenza di pratica sportiva (+80% rispetto alla presenza).
Conclusioni
I dati epidemiologici confermano l’elevata prevalenza della lombalgia in Toscana, impor-
tante problema di salute pubblica con effetti sull’autonomia delle persone. Dall’indagine sono emerse informazioni utili per organizzare interventi di prevenzione (lavori pesanti, obesi- tà e attività sportiva gli ambiti su cui lavorare) e per predisporre percorsi terapeutici per una condizione che incide fortemente sulla perdita di giornate lavorative e sui costi della sanità.
TM
Info: francesco.profili@ars.toscana.it
VALERIO VERDIANI, MARIO AFFINATI1
Hospitalist: l’anello mancante nell’ospedale per intensità di cura?
Valerio Verdiani, laureato in Medicina
e Chirurgia nel 1987. Specialista in Medicina Interna, Cardiologia, Gastroenterologia. Ha lavorato per 7 anni
nella Medicina-Pronto Soccorso dell’AOU Careggi di Firenze e per 13 anni nella Medicina Interna e d’Urgenza della stessa Azienda. Dal 2012 è Direttore della U.O. Medicina Interna di Grosseto.
1 Medical Doctor, Hospitalist, Fellow of American College of Physicians. Division Director of General Internal Medicine in Advocate Lutheran General Hospital, Park Ridge, Chicago, Illinois (USA)
La nascita dell’hospitalist negli USA
Negli USA, fino alla fine degli anni ‘80, la figura medica di riferimento per i pazienti ri- coverati era il general practioner (inquadrabile come il nostro medico di medicina generale) che alternava la sua attività ambulatoriale con quella ospedaliera. Con l’introduzione dei DRG e del managed care (general practioner pagato sulla base del numero di assistiti ambulatoriali) si assistette ad una netta riduzione della loro presenza nelle corsie ospedaliere per vari mo- tivi (pressione verso un elevato turnover, disin- centivo economico, aumentata complessità dei malati).
Ecco quindi che agli inizi degli anni ’90 il si- stema ospedaliero americano sentì la necessità di una figura medica che avesse competenze generaliste e che passasse tutto il suo tempo la- vorativo in ospedale: nacque l’hospitalist.
Lo sviluppo dell’hospitalist
Nel giro di pochi anni la densità di ospe-
dali americani dove lavorano hospitalist è cre- sciuta su quasi tutto il territorio. Il numero di hospitalist continua ad aumentare in maniera esponenziale ed ha raggiunto nel 2012 la quota di 30.000 unità, rappresentando la più grande e rapida crescita di una specialità nella storia del- la Medicina. Al momento, il 90% dei pazienti ammessi in ospedale è assegnato all’hospitalist.
La definizione di hospitalist
L’hospitalist è lo specialista dell’hospital care, è il medico che si assume la responsabilità com- plessiva del paziente ricoverato, anche in un’ot- tica di co-management.
Il concetto di hospitalist
Dedicarsi completamente all’attività ospeda- liera ha comportato una crescita professionale che è andata al di là della stretta competenza clinica. L’hospitalist è divenuto negli USA l’ele- mento portante dell’implementazione di effi- cienza, sicurezza e qualità: esistono evidenze
Toscana Medica 5|2015


































































































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