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OPINIONI A CONFRONTO 13
giovanile, ha molte affinità con le patologie au- toinfiammatorie.
Nelle sindromi da iperproduzione di IgD e nella sindrome TRAPS si possono usare in fase iniziale anche brevi cicli di cortisonici e, soprattutto nella seconda, gli inibitori del TNF.
BIANCO – La prescrizione e l’utilizzo dei farmaci biologici è e deve essere riservata a pazienti sele- zionati secondo i criteri indicati dal Prof. Galeazzi che rispondono a misure di appropriatezza tera-
peutica nel rispetto delle indicazioni registrate e/o a “indicazioni, via o modalità di somministrazione il cui impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale”. Solo così si potrà implementare il concetto di corretta allocazione delle risorse, in termini di guadagno di salute misurato in guari- gioni o aumento degli anni di vita in buona salute, che dovrebbe tener conto di una certa proporzio- nalità tra il prezzo di un farmaco e il guadagno di salute che esso determina.
ANTONIO PANTI
L’autoinfiammazione e l’autocura
Per lo più la febbre è legata a un fenome- no infettivo anche se può esprimere la reazione dell’organismo a una notevole quantità di eventi morbosi. Nel grande gruppo delle febbri ricorren- ti si sono isolate da tempo le patologie autoin- fiammatorie, cosiddette perché espressione di una turba genetica, che condiziona una predi- sposizione a una serie di fenomeni patologici su base infiammatoria ma non autoimmune. Queste forme possono essere monogenetiche, cioè lega- te a un gene mutante secondo le leggi dell’ere- ditarietà e della familiarità, oppure poligenetiche sulle quali influiscono pesantemente fattori ester- ni epigenetici. Queste cosiddette “febbri ricorren- ti” rappresentano quindi un gruppo notevole di diverse patologie, come si è detto su base auto- somica dominante o recessiva, che oltre alla feb- bre si manifestano con sequele infiammatorie che possono riguardare fondamentalmente la cute, le sierose e le articolazioni.
È evidente la difficoltà per i pediatri di fami- glia che per primi si trovano a dover sospettare questa possibilità di fronte a quadri molto sfu- mati, caratterizzati dal benessere durante i pe- riodi intercritici. Difficoltà ancora maggiori ha il medico di medicina generale quando il quadro non è stato individuato durante l’infanzia. È chiaro che, prima di giungere agli accertamenti diagnostici e ai test genetici, bisogna sospettare l’esistenza di simili quadri patologici. Tutti i no- stri esperti hanno convenuto sulla necessità di un forte intervento formativo perché al medico sia fornito il bagaglio conoscitivo necessario per sospettare simili situazioni e individuare il valore euristico delle red flags, che inducono al sospet- to e portano a riconoscere queste patologie.
Di fronte a quadri febbrili ricorrenti e resi- stenti agli antibiotici, legati ad una sintomato- logia infiammatoria ma purtroppo polimorfa si può sospettare il quadro autoinfiammatorio. Si tratta comunque, secondo i dati più recenti,
di patologie rare, meno di 10 casi ogni milio- ne di abitanti. Tuttavia l’affinamento dei criteri diagnostici porterà sicuramente ad un aumento della casistica riconosciuta. Ad oggi queste pa- tologie sono riconosciute solamente in Toscana come malattie rare e questo è un grosso proble- ma nelle altre regioni perché toglie a questi pa- zienti diritti che derivano dalla loro condizione oggettiva.
Una volta fatta la diagnosi, occorre spiegare chiaramente la situazione, diversa per ciascuna patologia, ai pazienti e alle loro famiglie onde giungere alla compliance della terapia. La dia- gnosi precoce ha ovviamente un grande valore perché consente di evitare che alcuni casi sfoci- no in situazione veramente gravi. Esistono Centri di riferimento, fondamentalmente il Meyer per l’età pediatrica e Siena per l’età adulta, ma ad oggi manca un vero e proprio percorso diagno- stico terapeutico assistenziale regionale e l’au- spicio è quello di organizzare meglio l’assistenza a questi pazienti.
Tutto ciò è ancora più importante perché di recente sono state introdotte novità terapeuti- che che possono essere prescritte solo in Centri ospedalieri ma che consentono un controllo e anche una guarigione dei casi. Fino ad oggi la terapia di base era la colchicina e, successiva- mente, il cortisone, con tutti i rischi che questo comporta. Da qualche tempo sono disponibili i farmaci biologici antiinterleuchinici, particolar- mente la 1, che agiscono in pochissimo tempo sull’inflammosoma con risultati positivi. In real- tà esistono 3 farmaci che hanno una diversa azione ma gli stessi risultati, attraverso il blocco del sistema dell’interleuchina 1. Naturalmente, nonostante la scarsa numerosità dei casi, esiste sempre un problema di sostenibilità del servizio, per cui l’uso del farmaco biologico deve essere riservato ai pazienti che non hanno risposto alle altre terapie. TM
La pubblicazione del presente articolo è stata realizzata su iniziativa di Novartis
Toscana Medica 9|2015

