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6 OPINIONI A CONFRONTO a cura di Simone Pancani
MARIA PIA AMATO1, VINCENZO DI MARZO2, FRANCO LAGHI PASINI3, SANDRO MAURRI4, ROCCO MEDIATI5
Fitocannabinoidi
e il loro utilizzo clinico
TOSCANA MEDICA – Affrontiamo un argo- mento di grande interesse sia scientifico che sociologico, vale a dire l’impiego a scopo te- rapeutico della cannabis e dei suoi derivati e non il loro uso più comunemente riconosciuto di sostanze di abuso. Inquadriamo l’argomento iniziando con una panoramica generale del si- stema dei cannabinoidi.
DI MARZO – Si tratta di riassumere una storia millenaria, visto che l’impiego sia ricreazionale che terapeutico dei derivati della cannabis ri- sale a molti secoli prima di Cristo. La loro va- lenza scientifica è stata riconosciuta solo nel diciannovesimo secolo in particolare per ope- ra di uno studioso irlandese che se ne occupò in India. L’effetto terapeutico della cannabis è stato progressivamente sopravanzato dall’im- portanza sociale della sua azione “tossicologi- ca” che raggiunse l’apice durante l’esplosione
dell’uso ricreazionale negli anni Sessanta del secolo scorso. Questo impiego ha concentrato gli sforzi dei ricercatori per cercare di chiarire il meccanismo di azione dei principi attivi della marijuana che potessero spiegarne gli effetti euforizzanti e sulle funzioni sensoriali e cogniti- ve in senso generale.
Risale sempre a quel periodo la scoperta di un componente della cannabis, il delta-9 tetraidrocannabinolo (THC), praticamente l’u- nico responsabile degli effetti psicotropi della marijuana. Si tratta di una sostanza che non si trova come tale nella cannabis ma in forma di acido inattivo per attivare il quale le infiore- scenze della pianta devono essere essiccate e/o riscaldate. L’acido carbossilico del THC, una vol- ta decarbossilato dal processo di riscaldamen- to, produce effetti psicotropi perché agisce su particolari recettori della membrana plasmati- ca, i cosiddetti recettori dei cannabinoidi di tipo
Toscana Medica 8|2015