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48 RICERCA E CLINICA
Per trovare risposte basate sull’evidenza nel 2.011, in 14 Centri della Società Italiana di Flebolinfologia, sono stati collezionati i dati morfo-funzionali, mediante eco-color-Doppler e misurazione incruenta delle pressioni venose, di 1.081 arti (1.056 pazienti) con varici recidive delle safene e delle giunzioni incontinenti dopo interventi eseguiti fra il 2.001 ed il 2.010. Lo studio è stato eseguito per la ricerca dei residui anatomici. 611 arti (56.5%) sono stati studiati con eco-color-Doppler venoso; 470 (43.4%) so- no stati sottoposti anche revisione chirurgica. I risultati sono riassunti nella Tabella 1, dalla qua- le appare evidente che predominano il monco- ne safenico, la vena accessoria anteriore ed una quantità di tributarie della giunzione. Di queste 342 sono risultate non classificabili a causa del- le modificazioni anatomiche indotte dal primo intervento. In 398 casi era anche presente un circolo collaterale varicoso complesso, spesso impropriamente denominato “cavernoma”, ma che è proprio soltanto dei tumori e delle malfor- mazioni vascolari congenite.
Non sono stati invece individuati residui in 142 dei 1.081 casi (13.1%); in 45 arti (4.1%) è stata sospettata la neovascolarizzazione da neo- angiogenesi, prevalentemente in recidive insor- te dopo i 10 anni (Figura 1). L’istologia è stata da alcuni considerata l’indagine principale per la verifica della causa anatomo-patologica, ma in alcuni esami istologici da noi eseguiti è stata osservata neoangiogenesi, con neovasi di diame- tro inferiore a 0,01 mm. (Figura 2) ma, su alcuni margini di sezione, la presenza di piccole vene
residue di oltre 2 mm. di diametro (Figura 2). La sola dimostrazione affidabile della neoangioge- nesi come causa unica di recidiva si è quindi rive- lata la dissezione chirurgica diretta (n.5=0,4%).
La neoangiogenesi è in realtà un processo fisiologico sempre presente dopo traumi, ampie ferite, ematomi e trombosi, di tutti i tessuti e di- stretti anatomici, non soltanto nel sistema venoso e non soltanto alle giunzioni safeniche. Anch’essa assume significato patologico solo nei tumori e nelle malformazioni vascolari congenite.
Dallo studio da noi effettuato viene confer- mato che la causa principale di recidive varicose postoperatorie è la chirurgia inadeguata soprat- tutto da residui del moncone safenico e delle sue tributarie. Altri Autori confermano questa conclusione in pubblicazioni recenti e conclu- dono che la prevenzione delle recidive varicose è tuttora rappresentata dalla diagnostica mor- fologica ed emodinamica e da una chirurgia accurata, che permettono di individuare molte insidiose varianti anatomiche. Secondo Arnost Fronek (1986), il successo dell’intervento chi- rurgico sta nella progettazione diagnostica. Nel 1999, in una accesa discussione congressuale, proprio a Firenze, J.T.Hobbs concluse con una diapositiva che recitava: “I buoni risultati della chirurgia sono i risultati della buona chirurgia”.
Il trattamento delle recidive è affidato oggi all’integrazione delle varie tecniche disponibili.
TM
Info: corcosleonardo.md@virgilio.it
E. BARGHINI, C. POZZI1, M. BONCINELLI1, A. TURCHI1, L. GABBANI1, C. MARTINELLI1
Scabbia nel paziente anziano: una forma atipica
La scabbia è una comune infestazione paras- sitaria dell’uomo causata dall’acaro Sarcoptes scabiei, varietà hominis.
La prevalenza mondiale della parassitosi è stimata essere di circa 300 milioni di casi l’an- no con stime diverse nei diversi paesi e tra le varie popolazioni. In Italia il numero dei casi è in progressivo aumento: si è infatti passati dai 2.000/3.500 casi osservati negli anni 1989- 2000 a oltre 5.700 casi del 2003. Le stime di prevalenza sono destinate ad aumentare a cau- sa dei continui fenomeni immigratori; si stima che il 10% degli immigrati risulti affetto dalla patologia in oggetto.
Oltre alla forma classica di scabbia, esisto-
no forme atipiche, più difficili da diagnosticare, quali: la forma limitata allo scalpo, la scabbia nodulare e la scabbia crostosa, detta anche nor- vegese o ipercheratosica.
La trasmissione avviene principalmente per contatto diretto ma può avvenire, soprattutto nella variante crostosa, anche tramite contatto indiretto (vestiti, biancheria e tessuti da arredo contaminati).
Le manifestazioni cliniche della forma clas- sica includono, oltre all’intenso prurito, la pre- senza di papule eritematose, cunicoli tortuosi o lineari. Le localizzazioni tipiche sono le zone interdigitali delle mani, la superficie flessoria dei polsi e dei gomiti i pilastri anteriori delle
Eleonora Barghini, Medico in formazione specialistica iscritto al terzo anno della Scuola di Specializzazione in Geriatria, Università degli Studi di Firenze. Laureata in Medicina e Chirurgia il 23/10/2012
1Dipartimento di Geriatria per la Complessità Assistenziale di Careggi.
Toscana Medica 2|2016


































































































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