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36 QUALITÀ E PROFESSIONE
le della così detta medicina difensiva, che porta all’uso acritico e mai personalizzato di protocolli diagnostico/terapeutici, spesso solo per difender- si da eventuali accuse di malpractice. Professioni- sti, magari fidelizzati per Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) o per gruppi, che decidono di condividere percorsi più personalizzati, ba- sati su valutazioni cliniche e sulla razionalità del possibile, farebbero sicuramente fare un passo avanti importante all’assistenza sanitaria: ne sia- mo assolutamente consapevoli, ma nel mondo dell’informatica, della telematica, delle connes- sioni virtuali e delle reti a tutti i livelli, c’è biso- gno di concentrare in un sol luogo le figure professionali per farle comunicare fra loro?
Chiamare la ex Guardia Medica “Continuità Assistenziale” non ha certo colmato un biso- gno oggettivo delle Cure Primarie: l’assoluta necessità di continuità nei processi di as- sistenza nel fine settimana e, se vogliamo, nelle ore notturne. Aver potenziato come non mai il Pronto Soccorso, considerandolo anche presidio territoriale (!) non ha certo coperto la continuità assistenziale; anzi, ha esteso ad una gran fetta di cittadini (fobici, ansiosi, furbetti) risposte da Pronto Soccorso, quindi protocolla- ri, a persone che non ne avevano bisogno, con costi elevatissimi, e moltiplicazione smisurata di prestazioni quasi sempre inutili e doppiamente costose, perché inappropriate. Un codice bian- co, un codice azzurro non sono da Pronto Soc- corso, spesso non sono nemmeno da medico di famiglia, ma populismo e demagogia li ha resi tali, perché non c’è mai stato l’impegno politico per favorire un reale progetto di Salute indivi- duale, con l’emancipazione dell’autocura e della responsabilizzazione nell’uso dei Servizi.
Non può esserci reale continuità assi- stenziale senza coinvolgimento della Medi- cina Generale, perché il rapporto fiduciale che lega il medico di famiglia al suo assistito nel tem- po è unico, strumento di efficienza e risoluzione di problemi, mai compreso e valorizzato. Il medi- co di famiglia non può e non deve essere presente per 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana, ma l’accesso ai dati dei suoi assistiti e la loro gestio- ne da parte di altri medici di medicina generale capaci di leggerli ed interpretarli può dare reale continuità di assistenza, che si estende anche durante il giorno per tutti quei problemi emer- genti o di particolare impegno assistenziale, cui il medico di medicina generale non può assolvere in modo continuativo per ovvie esigenze ergono- miche (urgenze durante l’attività ambulatoriale programmata, ADI e ADP, cure palliative, accesso ai luoghi di ricovero e cura, cure intermedie, ecc). La costituzione delle AFT con medici di medicina generale a rapporto orario (MRO) potrebbe essere un punto di partenza se opportunamente finan- ziate e ridefinite nei curricula dei medici.
C’è necessità urgente di ridefinire un patient summary estraibile in automati- co dal database del medico di medicina generale, integrabile con le cartelle in- formatizzate degli specialisti e degli altri sanitari per permettere a database in rete di CDS e/o di AFT (cloud?) di rendere disponibili quelle informazioni cliniche necessarie ai per- corsi assistenziali ed alla presa in carico della continuità di assistenza in assenza del medico di medicina generale titolare. La disponibilità dei dati da parte dei medici a rapporto orario può permettere anche un valido link con i me- dici di Pronto Soccorso, sia in entrata che in uscita, per permettere valutazioni più obiettive delle problematiche emergenti, non solo anco- rate a protocolli da medicina difensiva, ma che si basano sulla reale storia clinica e sull’appro- priatezza dell’intervento.
Per ultimo, ma di assoluta importanza, un cenno alle criticità legate all’istituzione dei così detti ospedali ad alta intensità di cura, la cui efficienza è tutta da dimostrare, che han- no rimandato sul territorio una mole enorme di carico di lavoro, senza che si siano opportuna- mente studiate e finanziate strategie assistenzia- li per far fronte a ricoveri eccessivamente brevi o ricoveri d’elezione. La gran parte dei ricoveri avviene per e dal Pronto Soccorso, con la crea- zione di sezioni di degenza breve per stabilizza- re il quadro clinico e rinviare prima possibile al curante, unico e vero obiettivo della degenza!
Per ovviare alle mancanze di detti ospedali ed alle tante problematiche, sia sanitarie che socia- li, derivanti da dimissioni troppo precoci, sono state instituite le così dette Cure Intermedie in uscita, una sorta di cuscinetto col territorio a gestione infermieristica, salvo la responsabilità del medico di medicina generale. È difficile capire perché non debba essere considerata una sem- plice appendice alberghiera dell’ospedale, come in effetti lo è: il paziente è ancora allettato, ha la sua terapia in continuità con quella del reparto, ha infermieri che lo accudiscono; l’unica diffe- renza è che il medico di medicina generale deve andare ad apporre la firma a decisioni prese da altri! In un’ottica di crescita professionale e auto- nomia decisionale del territorio, discorso a par- te può essere portato avanti per le Cure Inter- medie in entrata, di cui da tempo la medicina generale riconosce l’importanza, per far fronte ad una reale impossibilità di ricovero d’elezione e poter gestire una diagnostica rapida ed esau- riente per problematiche cliniche e sociali. Per le difficoltà logistiche già accennate, per il medico di medicina generale diventa assai difficile segui- re il suo paziente in struttura e quindi, anche in questo caso, la collaborazione con i medici a rap- porto orario diventa strategica. Il medici di medi- cina generale, valutata la necessità di un ricovero
Toscana Medica 1|2016

