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QUALITÀ E PROFESSIONE 25
Enrico Grassi, Coordinatore nazionale gruppo di ricerca di Neuroestetica della SNO (Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi degli Ospedali Italiani).
U.O. Neurologia - Ospedale di Prato.
ENRICO GRASSI, PASQUALE PALUMBO1
La bellezza oggettiva: da Nefertiti alla Neuroestetica
Qualsiasi nostra esperienza, conoscitiva, socia- le, amorosa, religiosa, politica, artistica passa at- traverso un’attivazione di specifiche aree cerebrali.
Oggi grazie alle tecnologia del neuroimaging è possibile visualizzare quali zone del cervello si attivano o si disattivano quando un soggetto è esposto ad una qualche attività di quelle sopra esposte.
Anche l’esperienza estetica è soggetta alle leg- gi che regolano le attività cerebrali e le strutture nervose coinvolte, quindi l’arte può essere con- siderata come un’estensione della funzione del cervello.
Nel 2011 il prof. Semir Zeki, uno dei padri fon- datori della neuroestetica in una ricerca condotta presso il Wellcome Laboratory of Neurobiology dell’University College di Londra ha dimostrato che il nostro cervello dedica alla bellezza una spe- cifica area che si attiva quando sperimentiamo il piacere di un’opera d’arte o di un brano musicale.
In questo studio 21 soggetti di culture ed et- nie diverse hanno valutato una serie di dipinti e di brani musicali classificandoli come belli, brutti o indifferenti mentre l’attività cerebrale veniva con- trollata con una risonanza magnetica funzionale (fMRI). Zeki ha così scoperto che quando ascolta- vano un brano o visualizzavano un quadro classi- ficati come belli si attivava maggiormente un’area nota come corteccia orbito-frontale mediale.
Tradizionalmente, l’arte è stata associata alla bellezza ma da quando Marcel Duchamp presen- tò a una mostra d’arte il suo orinatoio, che eufe- misticamente chiamò La Fontana, si riconosce che perché qualcosa sia considerata un’opera d’arte non è necessario che sia percepita come bella.
Esiste una bellezza oggettiva?
Una delle questioni più dibattute in estetica è se la bellezza possa essere definita da parame- tri oggettivi o se dipenda interamente da fattori soggettivi. Nonostante i criteri soggettivi giochino un ruolo importante nelle esperienze estetiche di ciascuno, oggi sappiamo che esistono dei principi specifici con una base biologica che possono faci- litare la percezione del bello.
In uno studio del gruppo di Parma (Di Dio 2007), guidato da Giacomo Rizzolatti e Vittorio Gallese, la presenza di un parametro specifico, ovvero la proporzione aurea, negli stimoli presen- tati, ha determinato delle attivazioni cerebrali di- verse da quelle evocate dagli stimoli in cui questo parametro era stato violato.
La chiave del cambiamento tra la percezione di una scultura da “brutta” a “bella” – il senso del bello nell’arte – sembra quindi derivare dall’atti- vazione congiunta di popolazioni neuronali cor- ticali che rispondono a caratteristiche specifiche presenti nelle opere d’arte e di neuroni situati in centri di controllo emozionale (Figura 2).
La bellezza di un volto
I volti sono di gran lunga la più importante categoria di riconoscimento di oggetti, perché sono la via principale attraverso cui riconoscia- mo gli altri individui e persino l’immagine di noi stessi. Per questo il cervello ha un raffinatissi- mo meccanismo per il riconoscimento dei volti, meccanismo che resiste infatti alla deformazio- ne che avviene nelle caricature o nelle immagini a bassa risoluzione.
La morfologia facciale varia moltissimo nella
1 Direttore U.O. Neurologia - Ospedale di Prato
Figura 1
S O M M A R I O ToscanaMedica6|2016


































































































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