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8 OPINIONI A CONFRONTO
CANTINI - Per quanto riguarda i fattori di ri- schio, non ne esistono di specifici a parte la positività dell’antigene di istocompatibilità HLA B27 che condiziona la possibilità dieci volte maggiore di sviluppare la spondilite an- chilosante.
Tornando per un attimo alla questione del- la diagnosi, volevo sottolineare l’importanza di una buona raccolta anamnestica che ci consen- ta di distinguere i caratteri di una lombalgia in- fiammatoria da quelli, ad esempio, di una artro- sica, di fronte alla moltitudine di persone che ad oggi soffre genericamente di “mal di schiena”.
Se infatti ci troviamo di fronte una persona giovane che riferisce di avere male alla schiena anche durante il riposo a letto, talvolta così forte da interrompere il sonno, che al mattino presen- ta una rigidità vertebrale che dura oltre un’ora e che migliora nel corso della giornata, che alla sera non riesce a trovare sollievo una volta diste- sa a letto, allora necessariamente il sospetto dia- gnostico di una qualche forma di spondiloartrite assume valenza realmente rilevante.
GALEAZZI - Per completare il discorso sulla eziopatogenesi, vorrei sottolineare il ruolo dei batteri gram negativi intestinali e di altri a tra- smissione sessuale, nella comparsa della malat- tia, che agirebbero in collaborazione col fattore genetico sopra citato, L’HLA-B27. Nuovi studi inoltre stanno evidenziando numerose altera- zioni epigenetiche (micro-RNA, metilazione del DNA, anomalie istoniche) capaci di fare da in- termediari tra fattori genetici e ambientali).
MATUCCI - L’intervento del dottor Cantini mi torna molto utile per sottolineare l’importanza della medicina generale i cui operatori possono realmente esserci di grande aiuto, selezionando i pazienti ed indirizzandoli verso i Centri di rife- rimento in caso di fondato dubbio diagnostico.
TOSCANA MEDICA - Dottor Lombardi, precisiamo meglio il ruolo del medico di base.
LOMBARDI - Vorrei iniziare con qualche da- to spicciolo di epidemiologia. Se è vero che l’incidenza delle spondiloartriti sieronegative si aggira intorno all’1% della popolazione, un medico di medicina generale con 1500 assistiti dovrebbe annoverare tra i propri assistiti circa una quindicina di pazienti affetti da spondilite.
Per esperienza personale e dal confronto con tanti colleghi questo però assolutamente non è vero e ciò mi porta inevitabilmente a pensare che i medici di medicina generale tendano per
lo più a sottovalutare l’importanza di queste malattie.
Anche le valutazioni relative all’HLA B27 devono essere accuratamente interpretate a li- vello di medicina di famiglia: se infatti è vero che il 96% degli spondilitici presenta positività a questo antigene della prima classe del sistema maggiore di instocompatibilità, ben altra cosa è richiederne il dosaggio in tutti i pazienti con mal di schiena!
L’attività del medico di base può poi essere ulteriormente complicata dalla concomitante presenza di patologie come le già citate psoria- si e malattie infiammatorie croniche intestinali che possono manifestare un impegno articolare non a livello assiale (e quindi in assenza di mal di schiena) ma localizzato, magari in maniera asim- metrica, in qualche articolazione periferica che certamente non aiuta alla interpretazione chiara di un quadro clinico certamente complesso.
Senza assolutamente volere fare dei giovani colleghi che si formano nei corsi per la medicina generale degli specialisti reumatologi, credo tut- tavia che alcune nozioni di base sull’approccio clinico - diagnostico a queste situazioni siano davvero di grande importanza.
TOSCANA MEDICA - Abbiamo dunque sentito le impressioni degli specialisti e della medicina generale. Dottor Damone, di fronte a malattie relativamente poco diffuse ma dal trattamento molto costo- so, potrebbe venire messa in dubbio la sostenibilità dei sistemi sanitari? Come si affrontano cioè queste problematiche in organizzazioni complesse come quelle che si occupano della gestione dei servizi sa- nitari?
DAMONE - Una delle prime criticità da affron- tare, non solo tra l’altro in questo campo, è quella del miglioramento dell’accesso alle pre- stazioni da parte dei pazienti. Non per niente proprio i tempi di attesa per avere una prima visita reumatologica nella nostra realtà sono ancora molto lunghi e questo stride inevitabil- mente con quanto detto fino ad ora circa la ne- cessità di una diagnosi il più precoce possibile, soprattutto nei soggetti in età più giovane.
Una prima modalità di intervento deve es- sere necessariamente individuata al livello della medicina generale, dove in caso di fondato so- spetto diagnostico il medico possa disporre di un percorso dedicato verso strutture a maggio- re specializzazione che in un futuro non troppo lontano potrebbero essere identificate nelle Ag- gregazioni Funzionali Territoriali o nelle Case del-
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